NARNI – Stiamo assisntendo da diversi giorni ad un susseguirsi di allarmismi sugli aperitivi che stanno interessando un po’ tutta Italia. La cosiddetta movida, termine mutuato da un’improbabile moda spagnola e che in realtà si richiama ad un movimento politico di sinistra di diversi anni fa e non certo al gusto del divertimento giovanile, sta catalizzando la scena politica e quella sanitaria. La tesi è semplice: assembramenti di giovani possono provocare una nuova esplosione dei contagi da covid. Tesi sulla carta possibile, stando alle conoscenze attuali, invero piuttosto scarse e spesso contraddittorie, su questa nuova malattia ma nei fatti non suffragata da dati oggettivi né statistici, né fortunatamente sanitari. Almeno finora. Sembra quasi che la movida sia sinonimo di catastrofe e girone infernale degli untori portando con sé un implicito ma oggettivo scontro generazionale tra fasce di età piuttosto avanti negli anni e giovani. Non è francamente una bella prospettiva quella di far litigare generazioni diverse che dà vita poi al deprecabile costume della spiata, pure alla politica che prende per buone le delazioni e le trasforma in atti politici per chiedere più controlli. Non ci siamo. La movida non comporta assembramenti estemporanei di giovani che, come in un flash mob, si riuniscono all’insaputa di tutti e si portano magari anche da bere. La movida ha precisi luoghi di ritrovo che sono proprio quei locali che sia a livello nazionale che regionale sono stati riaperti per far ripartire le attività, i consumi e l’economia. Pensare che un bar possa sopravvivere solo di caffè e cornetto è pura utopia o scarsa conoscenza di certe dinamiche economiche. Supporre che vietare la movida significhi evitare che i giovani si vedano è ingenuità bella e buona. Il terrore della covid non ha attecchito sugli amanti della movida, giusto o sbagliato che sia, questo è un dato di fatto su cui riflettere. Scendiamo a Narni. Vietare la movida significa troncare sul nascere quel bel progetto di città che ha annunciato il sindaco perché pensare che gli ultra cinquantenni vadano a spasso in massa nei dopo cena a farsi i capelli, comprarsi una t-shirt o bersi un aperitivo fino a notte inoltrata è surreale. Invece bisogna essere realisti e non cadere nelle trappole mediatiche che preannunciavano, per esempio, stragi apocalittiche dal 4 maggio in poi salvo registrare, malvolentieri, netti cali di contagi, ricoveri e decessi. Regolare la movida, questo sì, si può e si deve fare ma chiedere uno stato di polizia, o peggio, un esercito fatto da guardie civili volontarie di bocciana aspirazione, questo no. No, perché significherebbe uccidere un’economia, creare tensioni forti in un momento in cui di tutto c’è bisogno tranne che di questo e soffocare sul nascere il progetto Narni Aperta lanciato dal Comune. Un’idea vincente se attuata bene e con passione, spirito di sacrificio e soprattutto solidarietà fra tutti, altrimenti, se così non sarà avrà il destino segnato. In questo importante progetto di rilancio avrei visto bene anche un tassello in più, quello del ripopolamento del centro storico. È questa infatti la gamba che manca al tavolo per stare in equilibrio. Con le metropoli che faticano e che oggi, a causa della covid, mostrano tutte le loro carenze, sarebbe il momento propizio per rilanciare il ruolo dei centri minori, dei comuni medio-piccoli, che possono dare una risposta bella e vincente in termini di salute, sicurezza e qualità della vita. Riportare famiglie a vivere al centro significherebbe poi garantire clientela strutturale alle attività economiche. Quell’elemento cioè che oggi manca palesemente e che, senza la Corsa all’Anello e i suoi introiti certi, rischia seriamente di essere un colpo mortale per molte attività del centro storico.
Massimiliano Cinque