Gio, 7 Dicembre 2023
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Narni, le pietre parlano: il Portale Lambardi e un cavaliere di Santo Stefano

NARNI – A Narni, al 22 dell’odierna via Garibaldi, si incontra un portale sul cui architrave si legge “Thomas Lambardus Iud”, Tomaso Lambardi “iuris utriusque doctor”, dottore nei diritti civile e canonico. Il portale è riferibile al pieno Cinquecento, e la scritta con la quale Tomaso identificava la proprietà evoca un altro Lambardi vissuto circa nello stesso periodo: Clemente.

“Clemens Lambardus Narniensis” era cavaliere di santo Stefano dal 31 agosto 1578 quando, trentenne, era stato insignito a Roma da Alessandro dei Medici, ambasciatore per la Toscana e arcivescovo di Firenze. E sette anni dopo era nel prestigioso numero dei conclavisti, ovvero assistenti al Conclave, a fede di un “Bullarium” compilato da Laerzio Cherubini da Norcia nel 1588, nel pontificato Sisto V.

Clemente era figlio del conte Properzio e di donna Felice Massei, e contava una rete familiare che coinvolgeva nobili quali i Cesi e gli Spada. E come cavaliere guardava verso Pisa, dove l’Ordine di santo Stefano era stato istituto nel 1561 dal duca Cosimo dei Medici per combattere i pirati; quindi nella Toscana che con l’Umbria ospitava i diversi rami dei Lambardi, delineati da Giorgio Marchesi ne “La Galeria dell’Onore”, edita nel 1735.

Il nucleo narnese, che nel primo Trecento si esprimeva con il notaio Taddeo e intorno al 1711 contava Domenico quale priore della comunità, in araldica si riconosceva in un’aquila d’oro su rosso con fascia d’argento e con a capo i D’Angiò, come si ricava dallo stemma di Clemente che oggi si conserva nella Scuola Normale Superiore di Pisa, dove sono raccolte le credenziali degli stefaniani.

Il “magnificus et prudens” cavaliere Lambardi fu tra i deputati per la fabbrica della Madonna della Quercia, che allora si costruiva su progetto di Giandomenico Bianchi, e tanto si riporta nelle Riformanze del 20 marzo 1596. Ed è anche possibile che per l’Ordine di santo Stefano abbia partecipato almeno ad una missione per contrastare i pirati nordafricani: Vincenzo Piazza nell’opera “Bona espugnata”, stampata nel 1694, tra i guerrieri che nel 1607 avevano conquistato l’attuale Annaba in Algeria elencava Lambardi, senza tuttavia specificare se di Narni, del ramo aretino che si era aggiunto nel 1598, o di entrambi.

La casa testimoniata da Tomaso e illustrata da Clemente oggi è un palazzo suddiviso in alcune abitazioni private e con le botteghe al piano stradale, la cui ampia facciata, leggibile come un palinsesto, rivela l’originaria struttura, forse notata dall’architetto Cipriano Piccolapasso, che visitò Narni nel 1565 e descrisse i Lambardi tra i “nobili e ricchi senza castelli”.

In una insolita stratificazione, a lato del portale una targa di marmo evidenzia il logo di un partito la cui sede locale, dedicata ad un attivista degli scorsi anni Cinquanta, recita “Partito Socialista Italiano – Circolo di cultura politica Giovanni Mazzatosta”. A indicare che le pietre di Narni comunque parlano.

Claudio Magnosi

 

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