Sab, 23 Settembre 2023
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Narni nella storia: Sant’Alò e i fabbri ferrai

NARNI – Narni, via del Campanile: Antonio Ventura, Sant’Alò e un rogito di pietra. La chiesa di san Lorenzo, che sorgeva a Narni in via del Campanile, nel 1704 ospitò la Corporazione dei Fabbri ferrai, quella “Ars fabrorum” (Bocciarelli, Cathedralis) il cui patrono è sant’Eligio, comunemente detto sant’Alò. Ed oggi Sant’Alò identifica il fabbricato che, secondo l’“Indice-Guida dei monumenti nella Provincia dell’Umbria” di Mariano Guardabassi, custodiva un “grandioso affresco del XIV secolo”, le cui tracce erano visibili nel tardo Ottocento. Quando la chiesa, in cui aveva trovato sede anche una Confraternita giovanile dell’Annunziata (Lunel, Visita 1571), non era più adibita al culto.

Mariano Guardabassi scriveva nel 1872, e nel 1889 in città si insediava il vescovo Cesare Boccanera, romano, che tra i primi provvedimenti volle restaurare proprio i locali di Sant’Alò, per cui richiese l’intervento del suo concittadino Antonio Ventura, ingegnere ed architetto che già conosceva la realtà di Narni. Infatti nel 1883 aveva sposato la romana Luisa Sacripante Vituzzi, di quella nobile famiglia narnese la cui antica casa si proiettava sull’odierna via Garibaldi, in un tratto del palazzo che da via del Campanile raggiunge il Teatro. Nell’occasione il marchese Giovanni Eroli aveva dedicato loro alcuni versi “per segno di affetto e letizia”.

Il progettista, del quale ci dà notizia lo stesso Eroli nel 1898 nella “Descrizione delle chiese di Narni”, seppe ristrutturare la perduta chiesa in un funzionale edificio dagli evidenti richiami medievali, ben leggibili nelle finestre che rimandano alle aperture del Campanile. E nel rinnovato complesso il vescovo “aprì l’Istituto delle suore di S. Anna nel 1891, con asilo, educandato e scuola di lavoro per la gioventù femminile”, come annotava don Gino Cotini in “San Giovenale la sua Chiesa e i suoi successori”, edito nel 1976.

Nello stile praticato in Sant’Alò, nel 1894 l’architetto Ventura firmò a Roma il Villino Fraknói, che dall’anno 1991 ospita l’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Le due costruzioni rispondono a quella corrente neo medievale che a Narni si può osservare anche nella facciata del ricordato palazzo di via Garibaldi, tagliata e allineata al Teatro comunale intorno al primo decennio del Novecento.

Negli anni, dopo il trasferimento delle suore di sant’Anna, le mura di sant’Alò hanno accolto numerose attività di carattere associativo, e in ultimo sono state recuperate a edilizia abitativa. Variazioni che non hanno alterato il prospetto ricreato dall’architetto Ventura, e non hanno attenuato la memoria di un luogo nato all’ombra del Campanile, e lungo una via in cui i segni sulle pietre attendono di essere interrogati, come l’inciso “Ecclesia Cathedralis Narniae” che si legge su un portale nello stesso sito di Sant’Alò, e che ne certifica l’appartenenza.

E come l’inaspettata epigrafe che si incontra nel primo slargo a salire, tenendosi sulla destra, e che inizia “Transierant anni”, ovvero correva l’anno 1128 quando, per dieci libbre di denari pavesini, Bernardo vendette e Crescenzio acquistò la casa: di fatto, un rogito notarile inciso nella pietra, a sfidare i secoli. Così come affronta lo scorrere del tempo la vicina edicola mariana, tra le ultime rimaste nelle vie di Narni.

Claudio Magnosi

 

 

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